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Censis, l’11,6% della popolazione soffre di emicrania

Vivere con l’emicrania è la ricerca condotta dal Censis con la sponsorizzazione di Eli Lilly, Novartis e Teva su un campione di 695 pazienti con diagnosi di emicrania. Le donne sono colpite tre volte di più rispetto agli uomini.

Cos’è l’emicrania

L’emicrania è una patologia neurologica e fa parte delle cefalee. È comunemente chiamata mal di testa e secondo l’Oms è al terzo posto tra le peggiori malattie in termini di disabilità vissuta dal paziente giovane/adulto.

Si manifesta con un dolore acuto o pulsante in una zona della testa per poi aumentare di intensità ed estendersi ad altre regioni, per esempio le tempie e la fronte. Spesso l’emicrania diventa insopportabile al punto da causare altri sintomi: nausea, vomito, sensibilità ai suoni e alla luce.

Le cause dell’emicrania non sono del tutto chiare, ma tra i fattori che giocano un ruolo determinante si ricordano la predisposizione genetica, fattori esterni, patologie sistemiche e fattori ormonali.

Vivere con l’emicrania, tre volte di più le donne

La ricerca realizzata dal Censis con la sponsorizzazione di Eli Lilly, Novartis e Teva ha preso in esame 695 pazienti con diagnosi di emicrania di età compresa tra i 18 e i 65 anni. Tra questi sono stati inseriti anche persone colpite da cefalea a grappolo che è una forma infrequente di cefalea primaria molto dolorosa.

Dai risultati è emerso che la categoria più colpita è quella delle donne. Su 11,6% di persone con emicrania, il 15,8% sono donne contro il 5% degli uomini. Stessa cosa per quanto riguarda l’emicrania cronica, cioè quella che si manifesta per un periodo superiore ai 14 giorni: ne è colpito il 36,3% delle donne e il 42,2% di anziani tra i 55 e i 65 anni.

Il 42,1% delle intervistate ha dichiarato di soffrirne da quando aveva meno di 18 anni, mentre solo il 26% degli uomini ha detto la stessa cosa. Sicuramente per le donne l’emicrania è percepita come più invalidante rispetto agli uomini. Infatti il 34,1% di esse ha definito scadente il proprio stato di salute.

La durata di un attacco di emicrania

La durata media per singolo attacco, se non debitamente trattato, nel 46% dei casi è pari a 24-48 ore. Nell’ultimo mese il 44,3% dei pazienti ha contato tra i 6 e i 15 giorni accompagnati dal dolore, che è segnalato da circa l’80% come l’aspetto più penalizzante. Il 69,9% non riesce a fare nulla durante l’attacco, il 58% vive nella costante paura dell’insorgenza dei sintomi.
Per quasi il 28% dei pazienti (il 26% degli uomini, il 28,4% delle donne, il 38,1% dei cronici) l’emicrania ha inciso sulla propria attività professionale, per il 18% sul percorso di studi. Quasi il 90% denuncia il fatto che la malattia è sottovalutata socialmente. Simile è la percentuale (95,3%) dei pazienti con cefalea a grappolo che la pensano allo stesso modo.

Tempi lunghi prima di parlare col medico

Sebbene l’emicrania sia spesso considerata invalidante e per certi versi lo è, considerando che spesso bisogna stare a risposo, al buio e in silenzio per farne passare i sintomi, il ricorso al medico non è sempre immediato.

Il 41,1% dei pazienti ha aspettato più di un anno prima di interpellare il medico (oltre il 20% ha aspettato 5 anni o più), il 18,8% tra 6 e 12 mesi, il 26,5% fino a 6 mesi. Solo il 13,6% ha consultato il medico appena i sintomi si sono manifestati.

Il motivo di questo ritardo potrebbe essere la tendenza a minimizzare il problema. Trattandosi di un sintomo così comune, spesso si ha difficoltà ha identificarla come patologia.

Questo non vuol dire che i pazienti non si sentano informati, anzi, oltre l’80% di essi si sente molto o abbastanza documentato circa l’emicrania. Ma purtroppo la percentuale di coloro che usano internet come unica fonte di informazione è molto alta (48,6%). Per fortuna altri ne parlano con i professionisti sanitari (83,7%).

Informazioni non esaustive

Per quanto riguarda la qualità delle informazioni, i pazienti non esprimono un giudizio totalmente positivo: il 49,1% si dice insoddisfatto contro il 45,2% di coloro che la pensano al contrario. Solo il 36% identifica l’emicrania come una patologia, gli altri pensano derivi da altri disturbi (il 16,2% la associa a problemi ormonali, il 12,1% a una patologia oculistica, dei seni paranasali o della cervicale, l’8,7% a un disagio psicologico, l’8,2% a uno stile di vita scorretto).

Terapia gratuita per pochi

L’82,3% dei pazienti ricorre alla somministrazione di farmaci analgesici/antiemicranici soggetti a prescrizione, mentre il 31,8% utilizza medicinali da banco. Il 61% delle persone adotta strategie di prevenzione dell’emicrania ma è più comune tra quelli cronici (71,8%). Tra i farmaci prescrivibili poi solo il 19,5% è totalmente gratuito.

Il 30% dei pazienti, ed in particolare chi soffre di emicrania cronica e le donne, si rivolge e fa curare da Centri specialistici. E solo il 15,4% considera il Centro come il punto di riferimento per la cura dell’emicrania. Più del 55% individua nello specialista il proprio interlocutore primario e il 25,5% fa riferimento al proprio medico di medicina generale.

Autore /

Siciliana d'origine, sono nata e cresciuta nel capoluogo di provincia più alto d'Italia, Enna. Una laurea in Giornalismo, una specializzazione in riprese e montaggio video e un diploma come Infermiera Volontaria della Croce Rossa Italiana. Dal 2008 sono iscritta all'Ordine dei Giornalisti. Lavoro come giornalista, videomaker, OSSS e mamma. Credo nel lavoro di squadra, nella forza del web, nella determinazione e professionalità. Creativa e avida di conoscenza, coltivo molti interessi. Non sopporto i “furbetti". Adoro confrontarmi con gli altri e mettermi alla prova, sul lavoro e nella vita privata.