
In Italia si vive di più grazie al Ssn e alle abitudini sane
Si vive meglio e più a lungo
In 27 anni l’aspettativa di vita, in Italia, è aumentata e risulta essere una tra le migliori in Europa. A dirlo uno studio pubblicato on-line da Lancet Salute e basato sulle stime tratte dal Global Burden of Diseases, Injuries and Risk Factors Study (GBD) 2017.
La ricerca ha preso in esame i dati che vanno dal 1990 al 2017 e ha tenuto conto dei seguenti fattori: prevalenza, cause di morte, anni di vita persi, anni vissuti con disabilità, attesa di vita corretta per disabilità, aspettativa di vita alla nascita e a 65 anni, aspettativa di vita sana e Healthcare Access and Quality index (indice HAQ).
Dai risultati è emerso che la qualità del Servizio Sanitario Nazionale a carattere universalistico, cioè accessibile a tutti e il corretto stile di vita, favoriscono una condizione di salute generalmente buona della popolazione. Migliore rispetto ad altri Paesi europei.
Aumento dell’aspettativa di vita
L’Italia si piazza ai primi posti per la qualità della salute, non solo in Europa, ma anche nel mondo. Nel 2017, l’aspettativa di vita e il punteggio dell’indice HAQ sono stati tra i più alti a livello globale. Per quanto riguarda il primo parametro, cioè l’aspettativa di vita alla nascita, l’Italia ha raggiunto 85,3 anni per le femmine (ottava a livello mondiale) e 80,8 per i maschi (sesta a livello mondiale). Per ciò che concerne, invece, il punteggio HAQ Index si è passati da 81,54 nel 1990 a 94,9 nel 2016, mantenendo il nono posto a livello globale.
Invecchiamento e bassa fertilità
Secondo lo studio, tra il 1990 e il 2017 i tassi di mortalità per le malattie cardiovascolari sono diminuiti del 53,7%, per le neoplasie del 28,2% e per gli infortuni durante il trasporto sono diminuiti del 62,1%. Anche la mortalità infantile sotto i 5 anni è diminuita. Tuttavia, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento dell’età media, passata da 39 nel ’90 a 45 nel 2017, sta causando un aumento del carico di malattie specifiche. Tra queste il morbo di Alzheimer e altre forme di demenza, malattie del pancreas e tumori uterini.
I fattori di rischio comportamentali, (attesa di vita corretta per disabilità – Daly) che sono potenzialmente modificabili, hanno ancora un forte effetto. In particolare su malattie cardiovascolari e neoplasie. Ad esempio, nel 2017, ci sono state 44.400 morti per cancro attribuite al fumo, 12 mila al consumo di alcol e 9.500 ad un alto indice di massa corporea. Inoltre, di 47 mila decessi dovuti a malattie cardiovascolari potrebbero essere attribuiti a colesterolo alto LDL, 28.700 a diete povere di cereali integrali e 15.900 a bassa attività fisica.
Investire in prevenzione
I ricercatori sottolineano come sia importante investire maggiormente in prevenzione. Il sistema sanitario italiano ha infatti speso 87 euro pro capite in misure preventive, contro i 111 in Germania e i 155 nel Regno Unito.
Anna Odone e Natasha Azzopardi-Muscat, autrici dell’editoriale che accompagna lo studio scrivono: “Sebbene questo articolo riferisca risultati incoraggianti sulla riduzione delle tendenze nel fumo e nel consumo di alcol e nonostante abbia una lunga tradizione della dieta mediterranea, l’Italia ha il secondo tasso più alto di obesità infantile in Europa, che probabilmente influenzerà negativamente la loro salute in futuro”.
Meno vittime della strada e morti per droga
Buone le politiche per quanto riguarda la sicurezza stradale e di contrasto all’uso di droghe. La riduzione dei decessi per infortuni stradali indica che le misure preventive relative alle norme di guida e all’applicazione, l’efficienza della rete stradale e la risposta efficace da parte dei servizi di emergenza hanno avuto un effetto positivo sulla sicurezza stradale.
Anche i disturbi da consumo di stupefacenti sono notevolmente diminuiti in termini di numero di decessi, meno 35,4%. Questo, dovuto in parte all’introduzione alle politiche di sensibilizzazione relative alla droga.
Tuttavia, lo studio nel suo complesso non tiene conto delle differenze geografiche. Infatti, tra le regioni esistono disparità rilevanti in termini di esiti sanitari, prestazioni del sistema e PIL tra nord e sud.
“Nel Servizio sanitario nazionale italiano, le singole regioni sono responsabili della pianificazione e della consegna dei servizi sanitari e esistono ampie disparità nelle prestazioni tra i servizi sanitari regionali. Queste differenze si riflettono sia negli indicatori sanitari a livello regionale che nei risultati clinici”, hanno commentato le autrici. Il prossimo passo, concludono i ricercatori, sarà proprio l’analisi dei dati a livello locale.