
Combattere la demenza con una playlist personalizzata
L’efficacia della musica contro la demenza
È recente la notizia di un nonnino inglese di 79 anni, pianista e compositore per tutta la vita, adesso colpito da demenza senile, che quando inizia a suonare ricorda magicamente tutti i brani. Come se niente fosse cambiato rispetto a 30 anni fa. Una storia quella di Paul Harvey, questo il suo nome, che fa riflettere sull’uso della musica come terapia contro la demenza senile.
L’ascolto della musica come terapia effettivamente è già stato dimostrato in diversi studi e utilizzato in molti contesti, dall’ambito chirurgico come riduzione dell’ansia pre-operatoria al semplice trattamento di malattie neuro-degenerative.
Una ricerca pubblicata da Prince e Guerchet nel 2013 infatti parlava della demenza come di un problema rilevante di salute pubblica, che necessitava di attenzione. I dati stimavano che nel mondo vi fossero 44 milioni di persone con questa malattia e che entro il 2050 sarebbero diventati 135 milioni.
Per questo motivo la musica è entrata piano piano tra i trattamenti complementari a quelli farmacologici. In particolare, la musica ridurrebbe l’agitazione psicomotoria e contribuirebbe al benessere complessivo della persona. Anche in Italia, medici e infermieri la usano spesso.
La playlist dei ricordi
Il passo avanti fatto da charity Play List for Life e dall’Università di Edimburgo riguarda adesso la creazione di una playlist dedicata alla singola persona colpita da demenza e studiata grazie all’aiuto di famigliari e conoscenti.
Visto che la musica va ad attivare parti del cervello che non sono colpite dalla demenza è più facile in questo modo entrare nei ricordi della persona. Playlist for Life, attraverso il suo programma Music Detective, incoraggia le famiglie a parlare con i parenti malati per scoprire quali brani è possibile inserire nella playlist.
Per essere efficace questo tipo di terapia, dicono i ricercatori, è importante seguire tre passaggi. Ossia, creare le canzoni seguendo tre fasi della vita della persona con demenza.
- Cercare le canzoni preferite dalla persona quando aveva tra i 10 e i 30 anni, età durante la quale si formano molti ricordi che diventano poi fondamentali
- Secondo aggiungere tracce di “eredità” che derivano dai ricordi dell’infanzia o che hanno a che fare con amici o ex partner.
- Terzo, aggiungere tracce “identitarie” che si ricollegano a patrimonio, nazionalità ed etnia.
Un parere esterno al team di ricerca arriva da Antonio Cherubini, dell’Istituto Nazionale di Riposo e Cura per Anziani di Ancona: “Le persone con demenza hanno emozioni vive che possono essere recuperate, anche in fasi avanzate e ciò può contrastare la convinzione che la demenza distrugga la personalità e cancelli quel che rende un individuo unico”.
E continua: “La maggior parte dei pazienti sviluppa disturbi comportamentali, non solo agitazione e comportamenti difficili, ma anche apatia e depressione. I farmaci non sono molto efficaci per trattare queste manifestazioni e hanno effetti collaterali, quindi dovrebbero essere valutate e implementate terapie non farmacologiche efficaci”.