
Fibrillazione atriale: un fenomeno in costante aumento
La fibrillazione atriale aumenta il rischio di sviluppare ictus
La fibrillazione atriale (FA) è un’aritmia del cuore molto frequente in età avanzata e che necessita di un attento controllo terapeutico. I pazienti affetti da FA generalmente hanno una peggiore qualità di vita e riferiscono astenia, palpitazioni, dispnea, fastidi o dolore a livello toracico, difficoltà nel dormire e distress psicologico.
Il rischio maggiore legato alla fibrillazione è la possibilità di causare un ictus cerebrale. La malattia, infatti, può provocare la formazione di coaguli all’interno del cuore, che possono essere trasportati fino al cervello, occludere un’arteria cerebrale e causare un ictus, detto cardioembolico. Questa tipologia di ictus ha spesso conseguenze più gravi, perché aumenta la disabilità e riduce la sopravvivenza della persona.
Il progetto “FAI: la Fibrillazione Atriale in Italia” nasce per studiare il problema e sensibilizzare le persone a mantenere un’attenzione adeguata e costante nei confronti di questa malattia.
La ricerca, finanziata dal Ministero della Salute, ha preso in esame circa 6000 persone sopra i 65 anni; da una prima analisi è emerso che circa l’8,1% delle persone soffre di fibrillazione atriale, ovvero circa 1 persona su 12.
Vista la crescita esponenziale del problema e i continui cambiamenti demografici della popolazione italiana, si stima che nel 2060 le persone affette saranno circa 2 milioni.
Ad essere colpiti da fibrillazione atriale sono soprattutto le persone anziane, che hanno spesso difficoltà ad accedere alle cure e sono a maggior rischio di complicanze.
Attualmente in Italia e nel mondo sono presenti terapie efficaci per ridurre i rischi legati alla fibrillazione atriale, tra cui i farmaci anticoagulanti, che sono in grado di ridurre il rischio di ictus fino a 2/3, ma non vengono sempre assunti adeguatamente.
Per ridurre i rischi è inoltre fondamentale la diagnosi precoce, grazie anche al coinvolgimento del medico di medicina generale. È infatti sufficiente eseguire un elettrocardiogramma nelle persone che presentano un polso irregolare, per diagnosticare tempestivamente la fibrillazione atriale.
Come afferma Inzitari, responsabile scientifico del Progetto Fai, “diagnosi precoci, piani terapeutici adeguati e aderenza alla terapia continuano ad essere gli strumenti più idonei per affrontare la patologia che ha per protagonisti, in un rapporto di reciproca mutualità, da un lato il paziente e, dall’altro, il medico di medicina generale”.