
Emofilia, prima terapia genica che evita le infusioni
Cos’è l’emofilia A
In generale, l’emofilia è una malattia genetica che causa un difetto della coagulazione del sangue. Questo vuol dire che le persone che presentano questo deficit sono a rischio di emorragie esterne e interne di diversa gravità.
Normalmente in caso di fuoriuscita di sangue avviene la coagulazione, fase più importante dell’emostasi, ad opera della trombina, che trasforma il fibrinogeno in fibrina assicurando la chiusura della ferita. La trasformazione è resa possibile anche dall’intervento dei fattori della coagulazione, ossia proteine plasmatiche ed altri fattori.
Quando uno di questi fattori non è presente o non viene prodotto in quantità sufficienti, parliamo di emofilia. La forma più comune, che colpisce circa 5 mila persone in Italia, è l’emofilia A, dovuta alla carenza del fattore VIII. Mentre quelle B e C sono date rispettivamente dalla carenza del fattore IX e XII.
I sintomi dell’emofilia A sono associati a emorragie spontanee o a seguito di lievi traumi, interventi chirurgici o estrazioni dentali. I sanguinamenti si localizzano frequentemente nelle articolazioni, nei muscoli e nei tessuti molli, ma potrebbero manifestarsi ovunque.
Dalle infusioni alla terapia genica, una svolta
Fino ad oggi il trattamento dell’emofilia si è basato sulla terapia sostitutiva, cioè nella somministrazione per iniezione endovenosa del fattore mancante. Questo può essere di derivazione plasmatica, elaborando cioè il sangue donato dai donatori di sangue, oppure di derivazione sintetica, con tecniche di ingegneria genetica. Le infusioni avvengono di solito anche 3 volte a settimana.
Da adesso in poi, grazie all’introduzione della terapia genica anche in Italia, già impiegata per trattare pochissime altre patologie (come la Ada-Scid o malattia dei ‘bambini in bolla’), sarà invece possibile evitare negli emofilici le infusioni per diversi anni.
La terapia genica, infatti, usando dei virus resi innocui come trasportatori di Dna, può correggere il difetto genetico e garantire ai pazienti una coagulazione del sangue uguale a quella di chiunque altro.
L’esperienza del Policlinico di Milano
In Italia, il primo paziente emofilico trattato con la terapia genica sperimentale è una donna affetta da emofilia A.”La paziente – spiega Flora Peyvandi, responsabile dello studio clinico – è stata trattata a inizio novembre, e oggi dopo quasi 4 settimane dall’infusione è in buone condizioni e sta conducendo la sua vita regolarmente, senza alcun particolare problema”.
I risultati “dei nostri studi clinici – aggiunge Silvano Bosari, direttore scientifico del Policlinico – hanno dimostrato che una singola infusione di questa terapia può consentire a un paziente con emofilia grave di poter raggiungere livelli di fattore VIII o fattore IX quasi nella norma per lunghi periodi di tempo, anche per alcuni anni”.