
Mezza porzione di carne in meno al dì allunga la vita del 10%
L’associazione tra consumo di carne rossa, peggio se insaccati, e la comparsa di tumori è una notizia di cui si è già parlato tanto. Adesso la novità arrivata da Harvard riguarda la possibilità di aumentare le percentuali di sopravvivenza riducendone i consumi e cambiando abitudini alimentari.
Iarc, nel 2015 il primo annuncio shock
Già nel 2015 lo Iarc, agenzia per la ricerca sul cancro che fa parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità, aveva annunciato di avere inserito le carni processate nell’elenco dei prodotti cancerogeni e le carni rosse in quello dei potenzialmente tali.
Lo studio parlava di un rapporto tra consumo di carni rosse e insaccati, come wurstel, bacon e salsicce e la comparsa di malattie croniche. Tra queste il diabete di tipo 2, disturbi cardiocircolatori e alcuni tipi di tumore, come quello del colon o del seno.
Inoltre, si faceva riferimento alla preparazione del cibo in questione. Più che la carne rossa in sé, il problema evidenziato riguardava la sua cottura sbagliata. La carne rossa, infatti, ma non solo, a contatto con fiamme alte o superfici roventi, producono composti potenzialmente cancerogeni.
Poco chiari invece erano i risultati sulle soglie di sicurezza. Ossia i margini di consumo di carne rossa entro cui bisogna stare per ridurre la mortalità.
I dati Harvard sugli stili di vita
A colmare i vuoti statistici, ci pensa adesso lo studio di Harvard, pubblicato sul British Medical Journal, il quale evidenzia proprio che aumentare o diminuire il consumo di carni rosse di una certa percentuale può essere determinante per la sopravvivenza.
I ricercatori della Harvard T.H. Chan School of Public Health hanno esaminato i dati sulla salute e le abitudini alimentari di 53.553 donne e di 27.916 uomini sani, non affetti da cancro o malattie cardiovascolari.
Poi, hanno studiato se i cambiamenti nel consumo delle abitudini alimentari di queste persone, ed in particolare nel consumo di carne rossa, dal 1986 al 1994, potevano cambiare il rischio di mortalità negli otto anni successivi, cioè dal 1994 al 2002. Successivamente hanno verificato se le nuove abitudini alimentari adottate tra il 1994 e il 2002 avessero influenzato la mortalità nel periodo 2002-2010.
Le quantità contano
Dai risultati è emerso che una mezza porzione di carne rossa al giorno in più può aumentare del 9% la probabilità di morte prematura. La percentuale sale al 13% se parliamo di carni lavorate.
Questa associazione carni rosse-mortalità è emersa in tutti i sottogruppi di persone presi in considerazione e divisi per età, grado di attività fisica, quantità della dieta, abitudini relative all’uso di sigarette e al consumo di alcolici.
La dieta per vivere più a lungo
Lo studio sostiene inoltre che insieme alla riduzione dei consumi di carne rossa, ciò che ha determinato la diminuzione del rischio di morte è stato il cambiamento delle abitudini alimentari. Come? Inserendo nella dieta quotidiana degli otto anni successivi una maggiore quantità di pesce, pollame, frutta secca, cereali integrali, verdure e uova.